dI Alfonso Maurizio Iacono
Più di un secolo fa (nel 1918) uscì il famoso e discusso libro di Oswald Spengler Il tramonto dell’Occidente. Per la verità l’Occidente, dalle due guerre mondiali del secolo scorso alla globalizzazione di oggi, non è ancora del tutto tramontato e tuttavia continua a calare verso un orizzonte che non è bello da vedere perché è fosco, nero, pieno di nubi che annunciano temporali e tempeste. La vittoria di Trump negli USA ha segnato l’affermarsi di una cruda verità per l’Europa, perché quest’ultima si è costruita sotto l’egida americana e ha potuto pensarsi Europa solo sulla base di un neoliberismo economico e politico garantito dalla forza militare della NATO, cioè degli Stati Uniti, ma anche da una concezione della società e della democrazia basata sull’individualismo che ha le sue radici più forti proprio al di là dell’Atlantico. Questa verità affermata dai padroni ricchi e potenti Trump e Musk comporta la fine dell’illusione portata avanti, spesso ipocritamente, dalla sinistra occidentale contemporanea, e in particolare quella europea che ha buttato a mare anni di lotte politiche e sindacali dei lavoratori, sulla compatibilità tra capitalismo, democrazia, ecologia e uguaglianza. Compatibilità quasi mai dichiarata esplicitamente, ma praticata ideologicamente mentre la lotta, sacrosanta, per i diritti civili fu separata dalla lotta per i diritti sociali. Oggi domina l’egemonia della cultura aziendalista secondo cui le donne e gli uomini devono essere educati ad essere imprenditrici e imprenditori di sé stesse e di sé stessi. Inoltre il modello aziendalista opera nella sanità, nella scuola, nell’università. La democrazia, vanto dell’Occidente e dell’Europa, è stata sempre più svuotata per la scarsa partecipazione, l’ignoranza pubblica, l’apatia politica, ma grazie a ciò le forze politiche ed economiche possono governare con il potere dei mass media attraverso quel sistema della circolazione delle élites (in chiave odierna alternanza) già teorizzato da Vilfredo Pareto e da Gaetano Mosca. Alle masse resta l’identificazione con l’ideologia capitalistica. E ciò avviene tutti i giorni. Del resto, già nel XVIII secolo, per David Hume si ha simpatia quando un individuo immagina di essere al posto di un uomo ricco e potente e prova emozione in questo spostamento simulato. Costui non prova le emozioni del ricco e del potente, ma prova le proprie emozioni simulando di stare nei panni del ricco e del potente. Questo simulare è la simpatia che, appunto, si differenzia dall’empatia. La simpatia nei confronti del ricco e del potente viene determinata dalla facoltà dello spettatore di mettersi al posto di costoro e di simulare per sé stessi, provando piacere, la condizione di sicurezza e di benessere di chi possiede ricchezze o potere.
La simpatia agisce da collante nelle relazioni di identificazione con il potere. Nel caso di identificazione con il ricco e con il potente ci si trova di fronte a un tipo di cooperazione fondato sulla finzione di un’eguaglianza fra il ricco e il povero, fra il potente e il debole che nega la diseguaglianza reale, ma assolutamente fondamentale per il dominio e la subordinazione consensuale.
Niente di nuovo sotto il sole, dunque, salvo che per il fatto che oggi i mezzi per produrre identificazione e consenso sono infinitamente più potenti che non nel XVIII secolo.
E’ stata esaltata la flessibilità del lavoro e invece è stata affermata la precarietà più conveniente per gli imprenditori che possono così comandare con maggiore agio il mercato del lavoro. Inoltre, essi sono stati aiutati da un mutamento della concezione della vita basata oggi su un’eterna adolescenza e giovinezza, il cui costo è la subordinazione. Con il lavoro precario si può rinviare sine die il confronto con sé stessi e accettare la subordinazione come una condizione naturale dell’esistenza, un po’ come il personaggio del film Le ali della libertà ( e del racconto di Stephen King, Rita Hayworth e la redenzione di Shawshenk, che si trova in Quattro stagioni) impersonato magistralmente da Morgan Freeman: dopo anni di carcere, non appena uscito non riusciva a fare pipì senza chiedere il permesso. Era un uomo istituzionalizzato. Beh! Il lavoro eternamente precario istituzionalizza la subordinazione perché si è sempre sotto minaccia di licenziamento e questo abitua all’introiezione del comando altrui.
Il capitalismo è incompatibile con l’ecologia. E’ vero, oggi non c’è pubblicità che non parla di prodotto sostenibile, compatibile con l’ambiente ecc., ma la verità è che, per il modo in cui deve muoversi e crescere il capitale, esso non può prescindere da ciò che nel XVII secolo affermava già Descartes: la natura è al servizio degli uomini, i quali ne sono i signori e i padroni e Dio l’ha data loro perché possano sfruttarla a piacimento. Ma era il XVII secolo! Oggi? In modo non confessato le cose per il capitale, nonostante i movimenti di lotta e una mutata sensibilità di massa, stanno sostanzialmente ancora così.
Le diseguaglianze aumentano in Europa e nel mondo. Anni fa si rideva della famosa affermazione di Berlusconi: “un milione di posti di lavoro!”. Ma in realtà il Cavaliere non faceva altro che riprendere l’idea capitalista secondo cui l’arricchimento dell’imprenditore (e degli azionisti) avrebbe un effetto economico di trascinamento sui lavoratori. E’ invece vero il contrario. L’arricchimento trascina con sé impoverimento.
Oggi in Europa e in Italia sentiamo intellettuali (più o meno) ‘democratici e di sinistra’ che affermano senza rossore che solo noi abbiamo la storia, che solo noi abbiamo Shakespeare e Pirandello (toh!), che i giovani di oggi sono “imbelli” perché troppo abituati alla pace e dunque solo la forza e la guerra li forgerebbe!
Nel frattempo, la destra avanza pericolosamente e molta sinistra europea, dopo che Trump ha scaricato l’Europa, si muove per il riarmo mentre assiste, indifferente e complice, alla distruzione e eliminazione della Palestina e, di fatto, non vuole la pace in Ucraina.
L’Europa di oggi è questa! Sempre più privatizzazioni, sempre meno servizi sociali pubblici, riarmo, democrazia a brandelli, inconsistenza nello scenario mondiale. Se avessimo pensato l’Europa come uno Stato confederale unificando sanità, scuola, università, servizi sociali, invece che puntare tutto sul mercato, forse non ci troveremmo in questa situazione in cui il tramonto appare così senza futuro e senza domani. Del resto, quando la Signora Thatcher disse: “There is no alternative” e trovò gli europei tanto stupidi da crederci, fu allora che il tramonto s’infoscò e le nuvole da rosse diventarono nere.
Da Ilgrandevetro n. 263, Estate 2025, 156
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