Giu 30, 2025 | Articoli, In evidenza

L’EDITORIALE DI ROBERTO D’AGOSTINO

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Lunedì 30 giugno 2025

No rearm – no war

La guerra dei dodici giorni che si prospettava come l’inizio di una tragedia ancora più estrema di quelle che stiamo già vivendo, si è risolta in una farsa, tranne naturalmente per coloro la cui vita è stata immolata nel gioco criminale dei bombardamenti.

Dietro la farsa sono tuttavia emersi numerosi fattori che arricchiscono la possibile profondità delle analisi intorno alla fase attuale dei rapporti di potere internazionale.

In sintesi si può dire che l’iniziativa di Netanyahu, le cui pulsioni criminali si dispiegano senza alcun limite verso la realizzazione di un programma di sterminio dei palestinesi e di disfacimento di tutte le strutture statuali che possono incrinarne la supremazia nel Medio Oriente, ha trovato un ostacolo non superabile nella compattezza e nelle capacità di risposta dell’Iran. Israele è fortissimo quando deve bombardare e colonizzare popolazioni sostanzialmente indifese, ma si è dimostrato vulnerabile alla prima vera prova bellica della sua storia.

L’intervento militare degli USA, di cui è superfluo sottolineare il contrasto con il diritto internazionale, ha avuto un ruolo risolutivo non per fare vincere la guerra a Israele e neppure per conseguire l’obiettivo dell’interruzione del programma nucleare iraniano, che anzi da oggi si avvicinerà più rapidamente che mai alla costruzione della bomba, ma per fare cessare una guerra che si prospettava devastante per Israele.

I Paesi del sud globale, Cina in testa, tra i quali va annoverata a pieno titolo la Russia, accusati dal mainstream occidentale di non avere avuto intenzione o possibilità di sostenere l’Iran, hanno dimostrato ancora una volta capacità di controllo e di saper agire per strategie lunghe e non in base alle convulsioni degli imperialismi morenti.

I Paesi europei, “Leuropa” come la chiama Caracciolo, dopo aver toccato il fondo, ha cominciato a scavare per andare ancora più giù. Dalla grottesca e servile lettera a Trump del pagliaccio Rutte; alle dichiarazioni di Merz (“Israele sta facendo il lavoro sporco per tutti noi”); al ripudio generalizzato, leaders e stampa, del ritornello “c’è un invaso e un invasore” in quanto gli invasori siamo noi, i buoni; all’affermazione che l’Iran non deve avere la bomba; e così via; fino alle ultime decisioni sul 5% di spese militari per difenderci dal nemico Russia (Meloni: abbiamo le risorse e non una lira verrà sottratta alle spese sociali) e all’accettazione dei diktat trumpiani sui dazi: non c’è confine all’ignavia e alla stupidità di questi leaders che, se non ci facessero ballare sull’orlo dell’abisso, ci farebbero ridere come attori di un film dei Monty Python.

Le reazioni dell’opinione pubblica a questo stato di cose, per quanto stiano crescendo e stiano esprimendosi con forza, in particolare nel sostegno al popolo palestinese, attraverso grandi manifestazioni di massa nei diversi Paesi europei e una miriade di iniziative a livello locale, appaiono comunque terribilmente lontane da una accettabile capacità di incidenza.

Nei famosi “Paesi democratici” raramente la democrazia è scesa a livelli così bassi: la quasi totalità dei leaders e interi apparati politici che si autodefiniscono di sinistra si muovono completamente staccati dai ceti e dalle classi che dovrebbero rappresentare; per uscire da casa nostra, valga per tutti l’esempio dell’SPD in Germania, silente e complice dei vaneggiamenti Merziani.

In questo quadro tuttavia abbiamo assistito per la prima volta ad una iniziativa politica che tenta di muoversi al livello adeguato di risposta ai poteri dominanti.

Mi riferisco all’iniziativa dei 5S di convocare le forze politiche e i movimenti che in Europa si oppongono alla deriva bellicista di tutte le maggioranze governative. Si tratta di una iniziativa che apre all’unica prospettiva seria per la sinistra, prospettiva che, non a caso, non è stata colta, non dico dal PD ma neppure da AVS, vale a dire la costruzione di una opposizione europea che si ponga l’obiettivo di proporre una visione alternativa del ruolo dell’Europa.

L’assenza di numerose forze che avrebbero dovuto essere presenti a quell’incontro mostra la debolezza di tale pensiero alternativo, lo sfinimento a cui trent’anni di accodamento al mainstream vincente ha ridotto la sinistra europea, e dunque mostra la difficoltà dell’impresa.

Ma una strada è stata aperta e va percorsa con tenacia non solo da un punto di vista organizzativo, cosa comunque importantissima, ma proponendosi di elaborare e comunicare un’altra idea di Europa che si riallacci e sviluppi l’idea fondante da cui l’Europa è nata e che abbia l’ambizione di contendere il potere di decidere alla triste compagine dei vertici europei, a partire dall’allargamento della consapevolezza che la soluzione del riarmo è un suicidio economico e sociale.

Questa affermazione assolutamente vera e che ognuno può capire e fare propria è un punto di partenza: cosa potrà essere e fare l’Europa nel quadro della multipolarità che è già in corso costituisce il passo successivo.

R.D’A.

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