Giu 29, 2025 | Articoli

Dietro il caos globale si affaccia un mondo nuovo

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di Loris Caruso, Il Manifesto, 28 giugno 2025

L’aggressione di Israele e Usa all’Iran – momentaneamente conclusa – ha reso ancora più evidente che il mondo attraversa una fase di caos sistemico, inedita nelle possibili conseguenze.

Paradossalmente, la causa profonda di questo caos è che dalla situazione odierna può emergere un mondo nuovo, che ha a cuore anche la parte migliore degli ideali moderni, soprattutto dopo l’Illuminismo e la rivoluzione francese: un mondo basato sulla coscienza della necessaria unità del genere umano. Un’unità che senza annullare la sconfinata pluralità dell’esperienza dei popoli, sia il frutto della coscienza degli umani della comunanza del proprio destino. Quando si dice “mondo multipolare e multilaterale” si intende questo. Multipolare, cioè privo di una potenza dominante e caratterizzato da una pluralità di centri economici e culturali che cooperino ad affrontare i decisivi problemi comuni. E multilaterale, basato su un sistema di relazioni paritarie tra nazioni e aree del mondo, sul diritto internazionale e su un’Organizzazione delle Nazioni Unite completamente riformata.

Il comportamento dell’occidente in Ucraina e Medioriente, come l’aggressività verso la Cina, è il tentativo estremo di fermare la possibilità di questo mondo. Siamo in una fase storica di transizione. La potenza egemonica mondiale declina e con i suoi alleati si oppone al declino con tutti i mezzi, ma le forze in ascesa non hanno ancora accumulato la forza per determinare un equilibrio alternativo.

Quello dell’egemonia Usa è un declino lungo, iniziato con la sconfitta in Vietnam, e il modo in cui si consumerà non è scontato. A parte l’Europa, area ancora più declinante, gli interessi e le volontà degli Usa incontrano un’opposizione sempre più aperta ed efficace.

Alla fine de Il Lungo XX secolo, Giovanni Arrighi sosteneva che, dopo l’egemonia unilaterale Usa, nessun singolo paese avrebbe potuto sostituirla. Detenere un’egemonia mondiale significa accentrare il potere economico, geopolitico, diplomatico, militare e culturale necessario. Tutte queste dimensioni del potere sono diventate troppo grandi e complesse perché un singolo paese possa riunirle in sé. Chi teme che, se il declino Usa si compisse, sarebbe sostituito da un analogo potere imperiale cinese, può stare tranquillo.

La Cina non vuole farlo, la sua storia dimostra che non ha questa natura, ma non potrebbe farlo nemmeno se volesse. Nel futuro queste diverse dimensioni del potere saranno necessariamente distribuite tra diverse aree e nazioni. Per questo anche la lettura del presente come “multimperialismo”, con cui si equipara l’imperialismo anglosassone a un neoimperialismo russo o cinese, è sbagliata, sia perché i comportamenti e gli approcci di Russia e soprattutto Cina alle relazioni internazionali sono molto diversi da quelli occidentali, sia perché oggi in uno scontro per l’egemonia mondiale nessun polo può avere la meglio. Siamo costretti dalla necessità a inventare un mondo nuovo e inedito, dando una forma razionale a processi che sono già in atto.

Il mondo è nella situazione in cui erano gli stati nazionali nell’Ottocento. È in corso un processo di democratizzazione, che in questo caso riguarda l’assetto delle relazioni internazionali e la distribuzione del potere e delle risorse a livello mondiale, e che tende a superare le precedenti forme monarchiche (unilateralismo) e oligarchiche. La possibilità di condividere e gestire con consapevolezza questa transizione non poggia su un approccio ottimistico, ma sull’oggettività di limiti e rischi che per la prima volta riguardano sincronicamente il mondo intero: i terribili conflitti armati in corso, la crisi ambientale, la ridefinizione del rapporto tra umano e artificiale, l’insostenibilità strutturale delle diseguaglianze economiche, l’obsolescenza delle forme politiche moderne.

Questi rischi e limiti rendono necessaria una gestione condivisa a livello mondiale, pena l’implosione dei rapporti tra sistemi sociali e dei sistemi al loro interno. Questa tendenza alla democratizzazione delle relazioni internazionali è evitabile solo sottomettendo l’umanità al potere di una super élite che eserciti un dominio economico-militare.

La reazione occidentale al declino va in questa direzione, ed è quindi completamente irrazionale, segnata da una ‘follia’ in cui le continue oscillazioni di Trump e la cecità strategica dell’Europa sono il segno dell’impossibilità di riprodurre l’ordine esistente.

Il tentativo di fermare la storia attraverso guerre (militari e commerciali) e politiche di riarmo non potrà che accelerare la fine dell’egemonia occidentale, facendola accadere nel modo peggiore anche per cittadini e lavoratori.
Ciò che una volta veniva definita “Ragione” e che l’occidente (a volte giustamente) si attribuiva, è oggi presente nel Sud globale. Se la situazione non è già precipitata nel rischio aperto di un conflitto mondiale è grazie alla saggezza mostrata dalla Cina e dalla leadership dei Brics, che non accennano a voler accettare una sfida per il dominio, soprattutto se schiacciata sul terreno militare. Se nascerà, il mondo nuovo sarà anche una sintesi originale tra la parte migliore della ragione occidentale e della ragione delle altre grandi civiltà.

Fonte: Il Manifesto, 28 giugno 2025

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