Pubblichiamo l’intervento letto da Barbara Spinelli alla manifestazione organizzata dal M5S all’ Aja in occasione del vertice Nato del 24 giugno 2025
LE VERE ORIGINI DEL CAOS BELLICO
di Barbara Spinelli
Egemonia anni 90.
Dopo la caduta dell’Urss, Usa&C. hanno pensato di poter espandere impunemente la Nato a Est. E l’unica potenza nucleare del Medio Oriente, cioè Israele, di ridisegnare l’intera regione.
“Si ripete che il riarmo Ue è la conseguenza dell’intervento russo in Ucraina, nel febbraio 2023.
Un intervento che ha radici molto precise, e che né i governi occidentali né la Commissione hanno mai in questi anni riconosciuto e neanche lontanamente pensato. Alla sua radice: la minaccia di un’estensione delle forze e dei missili Nato fino alle porte della Russia, intollerabile per Mosca come lo sarebbe l’installazione di basi militari russe o cinesi alle porte degli Stati Uniti.
La vera svolta, se siamo interessati alla genealogia del conflitto ucraino e del riarmo europeo, è avvenuta dopo la Guerra fredda e in concomitanza con l’allargamento dell’Unione all’Est Europa. L’Occidente si comportò da vincitore, e gli Stati Uniti decisero che a quel punto se l’Urss era morta tutto era permesso, a partire dalle sue basi che sono 750 in almeno 80 Paesi nel mondo.
Anche la creazione di un “nuovo Medio Oriente” egemonizzato dall’unica potenza atomica della regione, Israele, nacque in quel periodo, quando nel 1996 andò al governo Netanyahu: ben prima dell’11 settembre 2001. Il diritto internazionale è stato messo in questione non nel 2022, ma negli anni Novanta del secolo scorso.
Il risultato è stato che non solo la Nato è restata in piedi (retrospettivamente penso che sarebbe stato saggio scioglierla fin dal 1991, in contemporanea con la fine dell’Urss e del patto di Varsavia) ma è divenuta protagonista di una serie di guerre di regime change, tutte fallite ma sempre ricominciate.
L’Europa ha seguito servilmente quest’operazione di egemonia unilaterale dell’Occidente. L’errore più madornale lo ha compiuto con un allargamento all’Europa orientale che è andato di pari passo con l’allargamento a Est della Nato, senza mai distinguere nettamente i due processi.
L’Europa si è riunificata sotto l’egida atlantica, e con l’andare del tempo è diventata un’unica carne con la Nato, una comunità euro-atlantica come vien detto correntemente dall’establishment a Bruxelles.
La guerra in Ucraina nasce da questi mancati distinguo, che portano oggi i governi europei a essere i più atlantisti in Occidente: a boicottare i confusi e labili sforzi negoziali di Trump in Ucraina, o a respingere l’idea stessa di una mediazione russa nella guerra contro l’Iran come ventilato molto superficialmente da Washington al G7.
Putin non aveva intenzione di prendersi tutta l’Ucraina, né tantomeno intende invadere questo o quel pezzo d’Europa, come suggerisce la russofobia di Ursula von der Leyen, oltre che dei governi di Germania, Regno Unito, Polonia, Francia, Paesi baltici, Germania di Merz. L’invasione dell’Ucraina nel 2022 era un mezzo per forzare una decisione cruciale per la Russia: l’ammissione, dopo quasi vent’anni di insistenze del Cremlino, che la neutralità ucraina era necessaria alla pace nel continente e che la promessa di adesione di Kiev alla Nato era una pericolosa provocazione.
Nel 1990 un’alternativa pacificatrice e profondamente nuova esisteva, ed era quella offerta da Gorbaciov: la creazione di un sistema di sicurezza europeo negoziato con Mosca, una “Casa comune europea”, consapevole della divergenza crescente fra interessi geopolitici europei e statunitensi.
A mio parere, quest’alternativa presto frantumata dalle espansioni Nato a Est resta la più fedele non solo alla diffusa domanda di pace espressa oggi dai cittadini europei, ma anche alla visione che i fondatori avevano dell’unità fra i popoli e gli Stati europei durante la Seconda guerra mondiale e subito dopo.
Era un’unità che puntava al superamento dei nazionalismi aggressivi che avevano per secoli trascinato in guerre fratricide gli Stati del continente, ed era stata concepita perché l’Europa dedicasse tutta la sua attenzione e le sue forze alla creazione di un modello sociale e un welfare che avrebbe reso più improbabili le guerre. Il Welfare è stato pensato durante la guerra, come il Manifesto di Ventotene, ed è pura invenzione non statunitense ma dell’antifascismo e antinazismo europei.
Una delle frasi più raccapriccianti che sono state pronunciate nell’Unione europea e che confermano la svolta geopolitica e culturale che sta avvenendo nelle nostre capitali è quella di Friedrich Merz, dopo la guerra israeliana in Iran e poco prima del bombardamento di Trump. Conoscete bene le sue parole: “Israele sta facendo il lavoro sporco per noi tutti. Ho massimo rispetto per Israele che ha avuto questo coraggio”.
Poco tempo prima, il 15 maggio, aveva promesso al Bundestag che sotto la sua guida sarà costruito l’“esercito più potente d’Europa”, che la Germania aumenterà le spese militari fino al 5% del gross domestic product, e che la Russia era una minaccia per il suo Paese. Merz dice queste cose senza scomporsi, come se nella testa avesse della paglia e non qualche vago ricordo dei 27 milioni di russi morti quando Hitler invase la Russia. La socialdemocrazia con cui governa tace e acconsente.
È come se parlando di Iran il cancelliere fosse un dinosauro con la testa piccolissima e stupida: nessuna parola sul genocidio a Gaza, sui centri israelo-americani di distribuzione del cibo trasformati in killing fields dove si spara a vista sui palestinesi affamati e assetati, in un quotidiano videogioco horror. E poi, cosa vuol dire aver rispetto per il lavoro sporco? Se il lavoro è sporco allora è sporco per chiunque, anche per l’Europa che continua ad armare Israele.
Non meno raccapricciante la dichiarazione con cui Mark Rutte, segretario generale dell’Alleanza Atlantica, ha perorato l’aumento delle spese di difesa: “Nato is the most powerful defense alliance in world history, more powerful than the Roman Empire, more powerful than Napoleon’s empire. We must make Nato a stronger and more lethal alliance”. Cinque per cento vuol dire questo e null’altro: creare un’alleanza letale, che semina morte. Per decenni ha finto di essere un’alleanza difensiva, da decenni è offensiva in maniera esplicita.
Smembrare la Russia era, secondo Kaja Kallas quand’era premier estone, l’obiettivo da raggiungere attraverso la santa proxy war fra Nato e Federazione russa. Non l’ha mai smentito.
Sia chiaro, qui non si tratta di difesa europea, come pretendono l’Ue e la Nato. La difesa comune è possibile solo se esistesse un esercito che risponde a uno Stato europeo, che è lungi dall’esistere. Si tratta di acquistare armi dagli Stati Uniti, di partecipare alle guerre decise da Washington. E soprattutto: si tratta di smembrare potenze e Stati protagonisti del nuovo ordine multipolare, uno dopo l’altro: dalla Cina alla Siria all’Iran.
Non meravigliamoci se gli Stati che più temono la strategia dello smembramento e le guerre di regime change decideranno – per non esser più aggrediti dall’Occidente – di dotarsi dell’atomica che ancora non possiedono. E che molti di loro non volevano possedere.”
Fonte: Il Fatto Quotidiano, Mercoledì 25 Giugno 2025

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