Ago 9, 2025 | Uncategorized

LA NUOVA RIVOLTA PILOTATA CHE PUÒ COLPIRE ZELENSKY

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di Elena Basile

Attualmente ancora più che in passato è essenziale, per condurre una analisi corretta delle dinamiche internazionali, comprendere la differenza tra le variabili indipendenti e non, che operano in un contesto complesso e fortemente strutturato. Nel corso delle primavere arabe, il malcontento popolare albergava nei Paesi del Nord Africa da tempo, ma ha costituto un fattore in grado di destabilizzare le società soltanto quando la politica neoconservatrice statunitense ha deciso, con finanziamenti e organizzazione, di puntare sui Fratelli Musulmani per una forma di dominio più solida rispetto ai dittatori tradizionali. In Egitto la defenestrazione di Mubarak, l’elezione di Morsi, in seguito abbandonato da Washington a vantaggio dell’attuale presidente Al Sisi, è la rappresentazione evidente della strategia ondivaga che ha sede a Washington.


Ugualmente la guerra civile in Siria non sarebbe scoppiata, seminando lutti e dolore in quel popolo per circa un decennio, se Obama nel 2015 non avesse deciso, con l’Operazione Sycamore e d’accordo con i servizi segreti sauditi, di utilizzare le fisiologiche proteste anti-Assad come fattore di destabilizzazione della società siriana. Ricordo che all’epoca ero in Svezia e restavo allibita nell’osservare la bella intellighenzia del Paese che aveva d’obbligo un libro in tasca contro il pericolosissimo dittatore Assad. Sicuramente gli Assad, soprattutto il padre, avevano commesso crimini e favorito il loro potere alawita con la repressione. Non diversamente da ciò che molti dittatori nostri alleati hanno sempre fatto. Oggi la politica occidentale sostiene Al Jolani, che ha spodestato gli Assad e compie stragi di alawiti con l’appoggio della democratica Europa e degli Usa.


Le “rivoluzioni arancioni” nel vicinato russo si sono basate sulle stesse tattiche. Il fisiologico malcontento diviene una variabile indipendente in grado di far cadere i governi grazie a un’invisibile manina esterna che lo rafforza e lo struttura. Bisogna chiedersi: quali Stati sono oggi in grado di avere una politica estera sovrana? L’indipendenza si manifesta come capacità di scegliere la linea politica consona ai propri interessi, pur tenendo in conto i condizionamenti esterni. I Brics sono un esempio concreto di sovranità e si sono uniti in un gruppo ancora poco strutturato per difendere il perseguimento dei propri obiettivi contro il ricatto e l’arbitrio statunitense. Per questo motivo credo che l’India, colpevole di importare gas russo a basso prezzo, vitale per la propria economia, e sottoposta alla minaccia di dazi Usa al 50%, farà di tutto per resistere alle pressioni trumpiane. L’Europa è stata costruita, da Maastricht in poi, come un’appendice del capitalismo finanziario di Washington e non può portare avanti una politica estera ed economica consona ai propri interessi.


La guerra per procura contro la Russia condotta da Ucraina e Ue per gli interessi statunitensi è l’esempio emblematico di rinuncia all’esercizio della sovranità. Anche un dottorando in politica internazionale, in grado di ragionare con la propria testa, comprenderebbe che gli interessi europei sono individuabili nella cooperazione con Mosca, nell’importazione di gas russo a basso prezzo, essenziale al nostro sviluppo economico e industriale, nella stabilità dell’area geopolitica grazie alla neutralità ucraina. La classe dirigente europea, legata allo Stato profondo statunitense, importa invece gas Usa a prezzo quadruplicato, compra armi statunitensi e le invia all’Ucraina per far continuare un conflitto che sostiene i profitti dei fondi sovrani. Ugualmente, attribuire a Zelesky la dignità di una variabile indipendente è uno sbaglio frequente di molti analisti. L’Ucraina non esiste come Stato sovrano: obbedisce a interessi stranieri. Continua la guerra con la Russia fino all’ultimo ucraino come vogliono la burocrazia del Dipartimento di Stato e del Pentagono, il complesso militare industriale e l’intelligence anglosassone. Perverrebbe a una “pace sporca” (sostenuta finalmente anche da Limes senza ambiguità: l’unica opzione, come andiamo affermando da almeno due anni, basata sul compromesso possibile), se Trump non oscillasse nella sua strategia impersonata da Witkoff e Kellog, sostenitori di due linee opposte. Il braccio di ferro in corso tra potentati diversi a Washington si manifesta nella strategia contraddittoria di Trump. Il malcontento contro Zelensky esiste da tempo.

Solo analisi ideologiche hanno potuto credere alla rivolta partigiana della popolazione contro lo straniero. L’autocrate ucraino è rimasto a galla grazie alla repressione. Oggi tuttavia il dissenso contro il presidente ucraino diventa visibile sui media occidentali. Si è forse deciso di rendere il malcontento popolare un fattore efficace di destabilizzazione. Si prepara la capitolazione del Paese e Zelensky può essere liquidato?

Fonte: Il Fatto Quotidiano, Sabato 9 Agosto 2025

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