Di Claudio Grassi e Linda Santilli
La guerra si prepara con linguaggio tecnico, patti d’amicizia, accordi “di cooperazione”. Parole fredde, ben ripulite dal sangue che le renderà realtà. Cosimo Caridi e Sabrina Provenzani ci raccontano che Starmer e Merz, novelli Churchill e Adenauer, firmano un trattato che prepara l’invio di truppe europee in Ucraina: “forze di pace”, naturalmente. Come se bastasse l’eufemismo a lavare le mani dal sangue.
Doveva essere la Brexit a isolare il Regno Unito? Macché: ora è capofila nella crociata armata contro Mosca, spalleggiato da Macron e dalla nuova Germania di Merz. Si parla già di “Super-Taurus”, un missile da crociera con capacità duale, forse nucleare. La Germania, ufficialmente priva di testate atomiche, vuole diventare l’esercito convenzionale più potente d’Europa. E allora a che serve la pace?
Elena Basile, con la sua solita lucidità scomoda, oggi sul Fatto Quotidiano smaschera il gioco: la retorica guerrafondaia è bipartisan, anzi tri-partisan. Liberali, socialisti e conservatori marciano uniti sotto lo stendardo della NATO, mentre le opinioni pubbliche vengono narcotizzate da narrazioni su “diritti” e “libertà”. Ma quale libertà difendono, se non quella delle industrie belliche di moltiplicare i profitti?
Non è più deterrenza, è follia sistemica. I leader europei parlano di nucleare come si parla di investimenti, mentre in Palestina è in atto un genocidio. Macron gioca a fare il generale sotto la bandiera dei “diritti umani”, ma si allea con chi macella civili a Gaza. Lo stesso Starmer, così rigoroso sul “diritto internazionale” in Ucraina, dov’e’ quando Israele rade al suolo interi quartieri di Gaza? Dov’è mentre vengono uccisi bambini assettati in fila tra macerie per prendere acqua?
L’orrore è totale.
Ci parlano di pace con le bombe in mano.
Si vuole la guerra, e la si vuole chiamare “missione”. E’ il vecchio trucco del linguaggio tranello, degli ossimori svelati magistralmente da Maria Luisa Boccia nel suo ultimo libro.
La chiamano missione di pace ma sono già pronti gli eserciti, i missili, i fondi (tolti alla sanità, alla scuola, al sociale). Meloni barcolla, promette che l’Italia non manderà uomini, ma sa bene che a decidere peseranno le basi NATO sparse sul territorio, non i falsi proclami di Palazzo Chigi. La sovranità italiana? Una barzelletta in divisa che fa gridare vendetta a chi scrisse la nostra Costituzione avendo in testa come monito “mai più”.
E intanto Trump – il venditore di Patriot – aspetta settembre per regolare i conti con Mosca. Fa cassa, minaccia Pechino e Nuova Delhi, mentre Kiev continua a sacrificare la sua popolazione per una guerra che non è mai stata “di liberazione”, ma una partita di scacchi tra imperi.
Come scrive la coraggiosa Basile, “i popoli ciechi e sordi” applaudono, mentre i loro governi li conducono, lentamente ma con fermezza, verso la Terza guerra mondiale. E se accadrà, nessuno potrà dire che non l’avevano annunciata. Con tanto di firma, conferenza stampa e buffet finale.

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