Lug 28, 2025 | L'EDITORIALE

ALLEANZE O POLITICA ?

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Il noiosissimo balletto sulle alleanze locali, più indirizzato dalle mosse della magistratura
che da chiare dichiarazioni programmatiche dei contendenti, e comunque volto a tentare la conquista amministrativa più che a dare indicazioni di un orizzonte politico diverso dalla miseria che ci circonda, contiene già in nuce il disastro che, così proseguendo, si prospetterà alle elezioni politiche.
Ma, debbo dire, cominciano ad essere noiosissimi anche i commenti critici che intorno a
questo balletto vengono fatti, anche quelli più pertinenti che escono dalle sedi sparse
della sinistra.

Dentro i migliori di questi commenti molte volte si colgono pezzi di quel ragionamento
politico che, se fosse organizzato unendo diversi pezzi tra di loro, potrebbe in effetti
configurare e dare corpo a quell’orizzonte, in termini di programma, che tuttora manca e di cui si sente una enorme necessità.
A partire dalle analisi sulla guerra, nella sua doppia natura di fattore produttivo necessario alla sussistenza del capitalismo finanziario a regolazione neoliberista e mercantilista, e come strumento ultimo del mondo unipolare a trazione occidentale utilizzato per non soccombere di fronte alle nuove spinte universali di liberazione dei popoli: da qui discendono alcune conseguenze fondamentali che dovrebbero diventare strumento politico di una nuova sinistra europea transnazionale.
Innanzi tutto l’affermazione, che deve trovare eco nei Parlamenti, che la Russia non è il
nemico, anzi che l’unica possibilità per l’Europa di competere, con strumenti pacifici, nei
futuri assetti geopolitici, è quella di un’Europa che vada dall’Atlantico agli Urali, avendo nel lato sud una connessione collaborativa con tutto il nord Africa e nel lato est il collegamento asiatico che solo la Russia può garantire.

In questa Europa non troverebbero spazio guerre come quella in Ucraina e vi sarebbe
l’autorevolezza e il potere per opporsi alla macelleria palestinese che l’«occidente»
neocoloniale ratifica senza vergogna.
Come conseguenza non può che esserci la dichiarazione che la NATO, cioè gli USA,
svolge un ruolo contrario agli interessi europei e che dunque deve essere abbandonata.
La diplomazia casalinga suggerisce di criticare la NATO, ma fino a un certo punto. Va
detto con chiarezza che la NATO in quanto organizzazione militare aggressiva non deve
ricevere più un solo copeco dal nostro Paese.

Va detto che il 5% di PIL o gli ottocento miliardi di Rearm Europe, vanno spesi
integralmente per sostenere spesa sociale, scuola, sanità, ricerca, ambiente, cosa che
produrrebbe una crescita in termine di benessere, coesione sociale e pacificazione reale, che l’Europa ha dimenticato da tempo.
E di conseguenza va detto che le multinazionali statunitensi vanno tassate, che i paradisi
fiscali europei vanno eliminati, che l’energia va comprata dove costa meno, cioè dalla
Russia, Paese costitutivo di una nuova Europa, che le imprese con residenza nei paradisi
fiscali al di fuori dell’UE vanno sanzionate.

Va detto che l’Europa deve ripensare a se stessa come portatrice di un soft power che
ristabilisca la gerarchia e l’universalità dei valori, che i cittadini europei vogliono entrare a far parte della maggioranza del mondo che sta velocemente emancipandosi e non restare attaccati a poteri imperiali e coloniali in via di disfacimento, che tutto ciò è possibile a partire non da una architettura europea che, sotto la spinta dei Paesi dell’est e del nord, ha convertito il sogno europeo in un incubo militaresco, ma da quelle forze, oggi minoritarie, e da quei Paesi, soprattutto mediterranei, che respingono le pulsioni puritane foriere di suprematismo occidentale.

E va detto ad alta voce che per fare tutto ciò è indispensabile un cambio delle classi
dirigenti europee e nazionali legate ad una visione come minimo superata della realtà.
E poi questa nuova sinistra dovrebbe fare proprio e diffondere l’incipit del manifesto del nuovo partito di Corbyn: “Il sistema è truccato. È truccato quando 4.5 milioni di bambini
vivono in povertà nella sesta economia del mondo. È truccato quando enormi aziende
fanno una fortuna con i rincari delle bollette. È truccato quando questo governo dice che non ci sono soldi per i poveri, ma i miliardi per la guerra ci sono.” E ancora, che
“risolveremo le crisi della nostra società solo con una ridistribuzione di massa della
ricchezza e del potere”.
E la conseguenza, come ricorda Fassina, è che va radicalmente spostato il terreno di
gioco. E invece di impegnarsi a spendere, in media, 2 punti di Pil Ue (quasi 300 miliardi di euro all’anno) per comprare altre valanghe di armi USA, queste risorse vanno destinate a finanziare investimenti nelle nostre infrastrutture materiali e immateriali.
E bisogna liberarsi dalla soggezione al mercato americano, visto come condizione
esistenziale per le economie europee, da un lato costruendo una partnership
commerciale equilibrata con la Cina e i Brics, e dall’altro iniziando a costruire una
economia volta alla domanda interna e meno all’esportazione, cosa che consentirebbe di migliorare salari e potere d’acquisto dei lavoratori e redditi delle piccole imprese.

Da una impostazione chiara e radicale come questa, per ora tutta legata ai programmi e
che ancora non tocca la strategia finale, potrebbero nascere proposte politicamente
fondate e tutte volte alla costruzione di una società altra rispetto a quella esistente, che
articolerebbero programmi comprensibili ed eversivi rispetto al presente, con forti ricadute anche sui programmi amministrativi.
E questa impostazione comincerebbe a rappresentare plasticamente agli occhi di tutti i
cittadini cosa potrebbe significare una forza di sinistra in Italia.

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