Dic 11, 2025 | Articoli, In evidenza

CONCESSIONI DOLOROSE

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I giornali governativi esaltano la Meloni perché ha incontrato Zelensky e questo la renderebbe “centrale nella politica internazionale e nella diplomazia”. Siamo alle comiche. Come se incontrare Zelensky, un uomo ormai debolissimo, fosse un segno di forza. La verità è che Meloni non ha mai toccato palla in questi anni sulla guerra in Ucraina e questa è una colpa che si porterà dietro per sempre. È aiutata dal fatto che pochissimi politici e giornalisti le ricordano le sue immense responsabilità. Proprio per il rapporto storico che il nostro Paese ha sempre avuto con l’URSS prima e con la Russia poi, l’Italia avrebbe dovuto immediatamente scegliere la linea neutrale e proporsi come mediatrice nella guerra in Ucraina. L’Italia, lo ricordo, faceva affari con l’URSS anche quando il mondo era diviso in blocchi. Enrico Mattei, a parole elogiato dalla Meloni, comprava gas dai sovietici quando l’Armata Rossa invadeva Budapest o quando Mosca annunciava la costruzione del Muro di Berlino. Gianni Agnelli, il simbolo del capitalismo italiano, faceva affari su affari con Mosca mentre le guardie sovietiche sparavano ai tedeschi che cercavano di scavalcare il Muro. L’Italia era allora infinitamente più autonoma e sovrana di quella attuale. E la cosa ridicola è che questo governo di camerieri viene definito sovranista.

Nel maggio del 1966 venne firmato a Mosca un accordo tra Aleksandr Tarasov, ministro dell’industria automobilistica dell’URSS, e Vittorio Valletta, presidente della Fiat, per la realizzazione di un immenso stabilimento automobilistico a Togliatti, una città russa che si trova lungo il Volga. Il 2 febbraio del 1967, Nikolaj Viktorovič Podgornyj, Presidente del Presidium del Soviet Supremo dell’URSS, in visita ufficiale in Italia, visitò lo stabilimento Fiat di Mirafiori accompagnato da Andreotti, all’epoca ministro dell’Industria, e da Giusto Tolloy, ministro per il Commercio con l’estero. Venne accolto calorosamente dall’Avvocato Agnelli che volle ribadire la solidità delle relazioni industriali tra l’Italia e l’URSS. E gli affari proseguirono anche quando, a seguito della Primavera di Praga, i carri armati del Patto di Varsavia entrarono a Praga per sedare le sacrosante richieste di libertà dei giovani cecoslovacchi. Alcuni mesi dopo, un giovane studente cecoslovacco, Jan Palach, si diede fuoco per protestare contro l’occupazione sovietica del Paese. Ecco, mentre avveniva tutto questo, l’Italia faceva affari con Mosca.

Queste relazioni, solide, vantaggiose per entrambi, capaci di resistere anche ai venti più tragici della Storia, avrebbero dovuto spingere i governanti italiani a portare avanti una linea del tutto diversa da quella sostenuta nei primi anni di guerra da Biden e Ursula von der Leyen.

Ma prima Draghi e poi la Meloni non hanno fatto altro che ubbidire agli ordini NATO e UE, esponendo l’Italia ai contraccolpi economici ed energetici e al rischio di una sconfitta in Ucraina che la Meloni forse oggi ha capito che potrebbe trasformarsi in disfatta.

Oggi, soltanto oggi, e solo perché Trump ha compreso la realtà, la Meloni prova a smarcarsi da Bruxelles. Ma è la stessa Meloni che ha pubblicamente “scommesso sulla vittoria di Zelensky” decine di volte, che ha armato Kiev senza dire agli italiani cosa stessimo inviando. È la stessa Meloni che ha accettato di smettere di comprare gas russo e di sostituirlo con il gas liquido americano. È la stessa Meloni che, il 20 marzo del 2024, disse queste parole ridicole: “Putin durante il G20 sosteneva una tesi del tipo: noi vorremmo la pace ma gli altri non la vogliono, e gli ho risposto: è molto facile, ritiri le truppe e avrà la pace come lei ha voluto la guerra”. Avete letto bene. Nel marzo del 2024 sosteneva che c’era un modo per ottenere la pace: il ritiro di Mosca.

Ieri ha parlato con Zelensky di “concessioni dolorose”. Capito sì? Una delle artefici della sconfitta UE in Ucraina oggi suggerisce a Zelensky di cedere perché vuole il bacetto sulla fronte da Trump dopo aver ottenuto, come sempre grazie alla vile ubbidienza, quello di Biden.

La Meloni in questi anni non ha fatto nulla a parte ubbidire. Non ha mai avuto una linea propria. Quando la Casa Bianca sosteneva Kiev con armi e centinaia di miliardi lei stava dalla parte della Casa Bianca. Adesso che alla Casa Bianca c’è un presidente che per affarismo, amore per Putin, realismo e chissà, anche perché ha capito che la situazione potrebbe davvero degenerare, spinge per un negoziato, lei sta con la Casa Bianca. Ma vi dico questo: se le elezioni le avesse vinte la Harris (e grazie a Dio non le ha vinte lei) la Meloni oggi ubbidirebbe alla Harris come ha fatto a Biden, della quale la Harris era vicepresidente.

“Ora, questo tiranno solo non è necessario combatterlo, né abbatterlo. Si dissolve da sé, purché il Paese non accetti di essergli asservito. Non si tratta di togliergli qualcosa, ma di non dargli nulla”, scrive Étienne de La Boétie nel Discorso sulla servitù volontaria.

Sono convinto che se l’Italia si fosse comportata davvero in maniera autonoma, davvero in maniera sovrana, non solo si sarebbe portata dietro altri Paesi UE che boccheggiano per via della guerra Russia-NATO in Ucraina, ma che alla fine la stessa Casa Bianca avrebbe accettato una maggiore indipendenza decisionale dell’Italia. Certo, la nostra sovranità è ancora limitata, ma siamo diventati colonia USA più per pavidità propria che per pressioni altrui. E la Meloni, la regina del finto sovranismo, è uno dei massimi artefici di questa fine ingloriosa del nostro Paese. E in tal senso è anche comprensibile che Trump tratti l’UE da serva, perché i servi vanno trattati da servi se preferiscono, per carriere personali, servire nazioni straniere piuttosto che i loro popoli.

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