IL CAPO DEL COMITATO MILITARE, PUR USANDO NELL’ INTERVISTA TERMINI TENUI, INTENDE DIRE: “ATTACCARE PER PRIMI”
di Fabio Mini

Attenendomi alle dichiarazioni pubbliche del Comandante supremo della Nato, generale Cristopher Cavoli e sulla base della conoscenza della sintassi operativa, ho desunto che la Nato non solo in campo cyber, ma in tutti i sensi e domini, è già in guerra contro la Russia e attaccherà per prima.
Sta già mobilitando le forze di tutti i Paesi per quella “difesa” che si dovrebbe realizzare con un attacco preventivo sulla Russia talmente devastante da impedirle perfino di rispondere.
“Perché – dice Cavoli – se non ci riusciamo al primo colpo, ci aspetteranno 15 anni di guerra di logoramento”.
In quest’ottica è inutile farsi delle illusioni. Qualcuno per conto nostro ha deciso che siamo in guerra e anche contro chi.
Perdono così di valore tutti i distinguo di casa nostra e tutte le dichiarazioni ufficiali dei russi che non si sognano nemmeno di attaccare la Nato. A meno che… una decisione già presa nel 2022 e da allora in piena fase di strutturazione delle forze, anche nucleari, perseguita in barba alla fondamentale correzione di rotta imposta dal presidente Trump all’Aja.
Al termine del vertice Nato è stato ufficialmente dichiarato che non si considera la Russia una minaccia a breve termine (da ora a 3 anni), nemmeno a medio termine (da 3 a 10 anni) ma, proprio a volercela tirare, a lungo termine (oltre 10 anni). Tale dichiarazione è stata ignorata dai principali alleati e dalla Nato stessa che invece considerano la Russia come nemico permanente.
A prescindere da cosa potrà succedere da qui a 3 o 10 anni e anche da ciò che accadrà all’Ucraina. Il Comitato militare è dominato dalle spinte antirusse e il nuovo chairman ha ricevuto dal predecessore il testimone nella staffetta pro armamenti e pro-guerra. Le osservazioni dell’ammiraglio Cavo Dragone, nuovo chairman del Comitato Militare sulla possibilità d’attacco preventivo alla Russia si devono inquadrare in tale contesto. Ovviamente l’ammiraglio non s’è messo la feluca e dichiarato guerra.
Anzi s’è mosso molto cautamente su un terreno scivoloso sapendo benissimo che in ambito Comitato Militare, come nel Consiglio Atlantico, non c’è affatto quel consenso necessario a passare da una difesa e una deterrenza a una difesa “proattiva”, che nel linguaggio degli ignari suona bene ma che in quello militare e soprattutto popolare significa solo attaccare per primi, in ogni campo.
Sa bene che la guerra ibrida è tale anche perché connette tutte le forme disponibili. L’ambito cyber, al quale si riferisce, non è isolato dagli altri e non è detto che la risposta dell’avversario debba essere dello stesso tipo. I pretesti di guerra sembrano essere scollegati dalla guerra ma finiscono sempre per scatenarla.
Il comandante del Maddox (l’unità militare Usa protagonista dell’episodio del Golfo del Tonchino, ndr) che entra nel panico per qualcosa che non è successo non sembra avere l’intenzione di scatenare l’escalation della guerra in Vietnam, ma qualcun altro ci ha pensato da solo. Non aspettava altro. L’esplicitazione dell’Ammiraglio ancorché moderata diventa tuttavia funzionale alla guerra già in corso e alla postura militare che la Nato ha già assunto. “Dovremmo agire in modo più aggressivo del nostro avversario”. Anche se sul piatto ci sono “questioni di quadro giuridico, di giurisdizione: chi lo farà?”. Già, quale organizzazione o nazione s’incaricherà d’attaccare per prima?
E in ragione di quale minaccia concreta?
E se il nemico ce l’avessimo in casa?
La Nato sta facendo un gran baccano per presunti attacchi russi cyber, droni e sabotaggi.
Tutte cose uscite dal manuale delle giovani marmotte anglo-ucraine.
Cavo Dragone cita il successo dell’operazione Baltic Sentry nel Mar Baltico, dall’inizio della quale “non è successo nulla. Quindi significa che tale deterrenza sta funzionando”. Oppure che non erano russi i responsabili come non lo erano stati negli anni precedenti? Rispetto alla Russia, dice l’ammiraglio, la Nato “ha molti più vincoli a causa di etica, leggi e giurisdizioni”. Sarebbe vero se li rispettassimo. Che dire delle operazioni nei Balcani e altrove, illegali, illegittime, non provocate condotte dal 1990 in poi? “Dobbiamo analizzare come si ottiene la deterrenza: attraverso azioni di ritorsione o attraverso un attacco preventivo?”, si chiede l’Ammiraglio.
Ce lo chiediamo tutti, ma è proprio vero che non ci siano alternative al contrattacco e all’attacco?
Rendiamo seria la difesa Nato a partire dalla politica e dall’individuazione del nemico.
Quello vero.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, Martedì 2 Dicembre 2025

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