di Fabrizio Casari

Una ricostruzione chiara e precisa – quella di Fabrizio Casari – della situazione fallimentare del regime ucraino, tra crollo del fronte sul terreno militare e corruzione gigantesca dei “gerarchi”abbarbicati al potere residuo, inabissamento di ogni consenso interno a un regime inetto, venduto e semi- delinquenziale, come dimostrano le diserzioni che si moltiplicano e il rifiuto di Zelensky di indire elezioni già scadute da tempo.
Solo la UE, istigata dalla Gran Bretagna- vero luogotenente Nato dell’imperatore d’oltreoceano- continua a recitare maldestramente la farsa dell’ appoggio alla lotta ucraina per la libertà ( !) quale primo atto di una difesa “eroica” (!) del vecchio continente ( popolato da vecchi) dall’ aggressione prossima ventura del tiranno barbarico e sanguinario.
Non ci crede nessuno di buon senso in Europa a questa leggenda nera, eppure la classe dirigente europea più insulsa e scadente degli ultimi 80 anni ( e forse più) insiste, per salvare se stessa da una resa dei conti ineludibile, e tentare di fare girare in armi la residua produzione industriale sempre più in panne negli altri settori , dopo una sconfitta militare e politica di proporzioni enormi che mette fuori gioco l’Europa, priva di ogni di credibilità, da ogni scacchiere internazionale e dalle principali vie commerciali planetarie.
Una ridicola colonia di un impero Usa che a sua volta, con Trump e prima di Trump, appare ridotto a recitare maldestramente la parodia farsesca di se stesso, come si conviene a una ex potenza non più in espansione, non più capace di esercitare una egemonia economica, scientifica ed ideologica, neanche al rullo dei tamburi di guerra.
200 chili di banconote. Due quintali di mazzette di denaro, non due borse della spesa. C’erano 28,8 milioni di dollari e 1,3 milioni di euro. Destinazione: Ungheria, viaggio di sola andata.
Erano passate solo quattro settimane dall’inizio dell’operazione militare speciale russa in Ucraina e già la tribù di Zelensky stava iniziando a mettere al sicuro parte dei fondi europei e americani destinati a far sì che gli ucraini fossero carne da cannone per l’ennesima tappa dell’allargamento verso Est della NATO, costringendo la Russia a una guerra.
L’indagine sulla corruzione da allora e fino ad ora ha un uomo chiave: Timur Minich, ideologo dello schema di tangenti per un valore di 86 milioni di euro, raccolti con pagamenti del 10-15% su ogni contratto energetico. A casa sua sono stati scoperti gabinetti e bidet d’oro massiccio e armadi pieni di borse piene di banconote da 200 euro.
Mindich è amico intimo di Volodymyr Zelensky. Un amico di assoluta fiducia, al punto da essere ancora comproprietario della produttrice Kvartal 95 che, fino al 2019 – quando l’allora comico Zelensky vinse le elezioni – produceva i suoi spettacoli. Soprattutto, è stato Minich a presentare Zelensky al miliardario Kolomoyskyi, il principale finanziatore della sua campagna elettorale nel 2019.
Lo scandalo si aggiunge ai rapporti del Pentagono, dove si stima che circa il 30% delle armi leggere (mitragliatori fucili, pistole, granate, ecc. ) fa parte di flussi di armi non tracciabili. È facile immaginare che il loro destino siano state le organizzazioni criminali caucasiche e l’ISIS, che in Africa conta sulla presenza – in qualità di consulenti militari – di soldati ucraini inviati da Washington per contrastare la Wagner in Libia e infliggere pressioni terroristiche sulla Nigeria, dopo che a gennaio 2025 è entrato nei BRICS.
Già da prima che scoppiasse il conflitto con Mosca, l’Ucraina, dall’era Timoshenko, ma ancora di più dopo il colpo di Stato del 2014, era universalmente considerata uno dei paesi più corrotti del mondo.
Lo dicevano le ONG americane come Transparency International e la stessa Unione europea, che ha anche rivolto a Kiev sanzioni e avvertimenti sulle difficoltà di adesione all’UE se non metteva ordine in una casa piena di corruzione, leggi discriminatorie, violazioni costituzionali e furti diffusi, specialmente tra i membri dell’ establishment.
Tuttavia, l’Unione europea non sembra voler cambiare idea e continua a riempire le tasche della cricca di Zelensky con iniezioni da miliardi di euro, ma lo scetticismo dell’opinione pubblica del vecchio continente, già molto alto, sembra aver preso definitivamente la strada della opposizione aperta a continuare a finanziare una guerra che è persa militarmente e politicamente.
Il contesto militare
Dopo un versamento che ha già raggiunto i 504 miliardi di euro in 45 mesi (366 milioni al giorno) per la fornitura dei migliori sistemi di armi disponibili per la NATO e per una copertura politico-mediatica senza precedenti dalla creazione del Patto Atlantico, la realtà sul terreno non lascia spazio a dubbi.
L’esercito ucraino, inizialmente forte di 800.000 uomini e considerato tra i primi 20 del mondo, non esiste più, non ci sono più soldati.
Kiev chiede agli occidentali di entrare direttamente in guerra, ma gli stessi ucraini non vogliono partecipare: il ritmo delle diserzioni (circa 2.500 al mese) è incontrollabile e l’esclusione dei candidati al servizio militare attraverso tangenti pagate a politici e ufficiali ha creato un enorme deposito di corruzione.
I sette milioni di “rifugiati” in Europa non considerano nemmeno di tornare a difendere la patria, al punto che il cancelliere Merz ha ordinato a Zelensky di prendere provvedimenti, perché Berlino non ha alcuna intenzione di mantenere a vita i profughi ucraini in Germania.
La situazione sul campo ora obbliga l’Occidente ad accelerare i piani per affrontare un quadro che mostra la fine della guerra che si avvicina.
Gli europei, i principali sconfitti di questa guerra, osservano il gravissimo ridimensionamento dell’UE e delle sue ambizioni globali, ma insistono nel finanziare Kiev nella speranza di ritardare il riconoscimento della sconfitta. Perché è chiaro che tutta la leadership dell’UE, che ha sostenuto l’Ucraina e ha aperto una fase di guerra aperta contro la Russia, lo ha fatto contro la volontà degli europei e causando danni incalcolabili all’economia e al ruolo internazionale dell’Europa.
È anche chiaro che il suo futuro politico è bruciato e che le dimissioni in blocco della Commissione europea saranno il prezzo inevitabile da pagare.
L’importante per il “deep state” americano è che la sua uscita di scena avvenga dopo la promulgazione dell’economia di guerra che consenta la riconversione bellica
dell’economia europea, affinché gli ordini per il complesso militare-industriale americano si moltiplichino e allo stesso tempo la Germania possa avanzare nelle sue ambizioni neo-egemoniche con sfumature neonaziste.
Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno ottenuto ciò che volevano in Ucraina: la rottura dell’asse commerciale tra Russia e UE e la fine dell’Eurasia come progetto globale.
Ma anche per loro il prezzo pagato è alto: la sconfitta militare subita si aggiunge a quella in Afghanistan, e questo conferma ciò che Macron ha detto durante la fuga americana da Kabul, quando ha affermato che “la NATO è cerebralmente morta”.
Infatti il potere deterrente atlantico è ancora forte, ma non abbastanza da intimidire due giganti militari come Mosca e Pechino e il resto del mondo vede un’alleanza sempre sconfitta.
Stati Uniti e Regno Unito si preparavano da tempo per questa guerra per delegazione. Nell’estate del 2021, ad esempio, la NATO ha condotto un’imponente esercitazione militare in Ucraina, chiamata Sea Breeze, a cui hanno partecipato 120.000 soldati provenienti da 32 nazioni, tra cui l’Ucraina.
Eppure questo dispiegamento, vittorioso nelle manovre, è stato sconfitto nella guerra reale.
Mosca vince conducendo una guerra di usura e posizionamento, con un progresso lento ma inesorabile, poiché non c’è mai stata una guerra di distruzione nei piani del Cremlino.
In Ucraina è stato dimostrato che l’annunciata superiorità militare strategica della NATO è in parte una sopravvalutazione propagandistica, perché la verità sul campo di battaglia è che l’esercito russo, oltre a quello ucraino, ha sconfitto tutti e 31 i paesi della NATO.
La Russia ha dimostrato di disporre di sistemi d’arma migliori (e molto più economici), dai blindati alla balistica strategica.
Ogni spedizione di armi NATO – aeree, terrestri e balistiche, fornite da americani, francesi, britannici e italiani – era accompagnata dall’affermazione che avrebbero cambiato il corso della guerra, ma non hanno mosso una virgola.
Hanno dimostrato piuttosto l’efficacia combattiva della Russia, che li ha sistematicamente distrutti, e hanno dimostrato che la capacità produttiva militare occidentale – secondo lo stesso Rutte – è un decimo di quella russa.
L’attuale situazione sul campo dimostra che, con praticamente tutto il Donbass nelle mani russe, solo una grande steppa e due piccole città separano le truppe di Mosca da Kiev. Ciò significa che l’operazione militare speciale – i cui obiettivi territoriali erano la liberazione delle province di Donetsk e Lugansk e la difesa della Crimea e della sua base navale nel Mar Nero – è stata completata con successo, ottenendo il controllo di una porzione di territorio molto più grande rispetto a quanto previsto a febbraio 2022.
Si sa che a Putin non interessa assolutamente prendere Kiev. La Russia continua a cercare una soluzione politica che includa una nuova architettura europea di sicurezza che tenga conto delle esigenze russe.
La prima è il ripristino dei trattati sui missili a medio e lungo raggio e la fine dell’allargamento ad Est dell’alleanza militare occidentale, il cui obiettivo strategico è quello di infliggere una sconfitta strategica alla Russia per disintegrarla in tre blocchi indipendenti (zona occidentale, Siberia e zona orientale), irrilevanti nel quadro geopolitico.
Mosca vuole una distanza di sicurezza tra le basi della NATO e i suoi confini e quindi riportare l’Ucraina al rispetto della sua Costituzione, che la definisce un paese neutrale, indipendente e denuclearizzato.
La denazificazione dell’Ucraina, già realizzata sul campo, dovrà essere pienamente attuata nel contesto politico postbellico mediante la destituzione di tutta la corrotta dirigenza politica, amministrativa e militare che, dal 2014 in poi, ha venduto l’Ucraina ai sogni dell’egemonia globale atlantista. Dopo gli ottomani, i napoleonici e il Terzo Reich, anche la NATO sogna di sconfiggere militarmente la Russia. Per poi svegliarsi e scoprire di essere arrivata alla stessa fine dei suoi predecessori.
Fonte: pagina Facebook di Fabrizio Casari, 17 novembre 2025

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