Set 15, 2025 | Articoli

POTENZE E CONFLITTI: SERVE UN NUOVO ORDINE MONDIALE

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Canfora racconta “la trappola” del bellicismo a partire dal Peloponneso: usare la forza “non è inevitabile”

Si chiama “la trappola di Tucidide”. Un concetto a cui si sono dedicati storici e saggisti a ogni latitudine del mondo. È una teoria delle relazioni internazionali che descrive la dinamica potenzialmente esplosiva che cresce in modo spontaneo tra una potenza dominante e una emergente. E che spiega, a partire dai fatti della guerra del Peloponneso, come un conflitto locale e geograficamente limitato si possa trasformare in una grande guerra globale.
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La storia è maestra. Negli ultimi 30 anni del V secolo avanti Cristo, la Grecia appena uscita vincitrice dalle guerre persiane si disintegra nello scontro tra Atene – potenza marittima e centro della lega Delio-Attica – e Sparta, guida della lega del Peloponneso.
“Chi ha cominciato la guerra?”, la domanda retorica di Canfora. La risposta è affidata proprio alle parole di Tucidide:
“La guerra la incominciarono gli spartani e gli ateniesi, con equa distribuzione delle responsabilità”.
La dichiarazione di guerra, formalmente, fu spartana, ma il conflitto inizia “quando nasce l’impero ateniese”.

Come spiega Canfora, “dopo la vittoria contro i persiani, gli ateniesi avevano costruito in fretta e furia le mura che collegavano la città al Pireo, creando una fortezza imprendibile per le tecniche belliche dell’epoca: era a tutti gli effetti un atto di guerra, di contrapposizione di potenza”. Ne consegue che anche se la data a cui si fa riferimento è il 431 a. C., quella guerra iniziò molto prima.

Questa dinamica, “la trappola di Tucidide”, il conflitto innescato dalla crescita di una potenza che diventa “troppo ingombrante”, è un motore anche della storia contemporanea: “Perché nel 1914 si scivola nella Prima guerra mondiale, con un conflitto gigantesco, feroce e milioni di morti? Perché l’Inghilterra non sopportava che la Germania avesse una flotta da guerra pari alla sua, e non doveva avere colonie in Africa e uno sbocco in Medio Oriente, diventata intollerabilmente forte”. Della “trappola”, ieri come oggi, si avvantaggia un terzo attore: “Dopo il conflitto, gli Stati Uniti diventano la potenza mondiale decisiva e l’impero britannico passa in seconda fila. Destino singolare: l’Inghilterra produce quella guerra e formalmente è dalla parte dei vincitori, ma diventa una potenza di secondo rango”. Lo stesso era successo in Peloponneso: “Sparta vince, ma al termine della guerra si accorge che il vero vincitore del conflitto è il grande impero persiano”.

Nella sua lectio, Canfora non va mai oltre la Seconda guerra mondiale, non cita i conflitti di oggi: non parla ad esempio di Russia e Ucraina. Anche se è chiaro che la trappola di Tucidide è una miccia sempre accesa e la suggestione è inevitabile: anche oggi ci sono potenze terze che hanno goduto dei cambiamenti di scenario prodotti dall’invasione di Putin.

Possibile che la guerra sia davvero l’unica logica possibile per dirimere le ambizioni degli Stati? Canfora crede di no: “Qualche mese fa, l’attuale presidente della Repubblica popolare cinese ha citato esattamente la trappola di Tucidide. E ha dichiarato che non è storicamente inevitabile. Xi Jinping sostiene che non sia necessario reagire come fece Re Archidamo, che dichiarò subito guerra alla minaccia ateniese. Certo, gli Stati Uniti sono allarmati dalla crescita cinese, ma la soluzione di Archidamo non è un riflesso obbligatorio. Si può costruire un ordine mondiale ragionevole”.

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