Di Valeria Perrella
๐’๐ถ๐ญ๐ต๐ช๐ฎ๐ฐ ๐๐ด๐ข๐ฎ๐ฆ ๐๐ข ๐ฏ๐ฐ๐ต๐ช๐ป๐ช๐ข ๐ฑ๐ช๐ถฬ ๐ฃ๐ฆ๐ญ๐ญ๐ข ๐ฅ๐ช ๐ช๐ฆ๐ณ๐ช ๐ท๐ช๐ฆ๐ฏ๐ฆ ๐ฅ๐ข ๐๐ข๐ป๐ข. ๐๐ฆ๐ญ๐ญโ๐ถ๐ญ๐ต๐ช๐ฎ๐ฐ ๐ฃ๐ข๐ณ, ๐ฅ๐ช๐ฆ๐ต๐ณ๐ฐ ๐ญโ๐ถ๐ญ๐ต๐ช๐ฎ๐ฐ ๐ฎ๐ถ๐ณ๐ฐ ๐ณ๐ช๐ฎ๐ข๐ด๐ต๐ฐ ๐ช๐ฏ ๐ฑ๐ช๐ฆ๐ฅ๐ช, ๐ฐ๐จ๐จ๐ช ๐ฎ๐ช๐ญ๐ญ๐ฆ๐ค๐ช๐ฏ๐ฒ๐ถ๐ฆ๐ค๐ฆ๐ฏ๐ต๐ฐ ๐ณ๐ข๐จ๐ข๐ป๐ป๐ช ๐ฑ๐ข๐ญ๐ฆ๐ด๐ต๐ช๐ฏ๐ฆ๐ด๐ช ๐ฅ๐ช ๐๐ข๐ป๐ข ๐ด๐ต๐ข๐ฏ๐ฏ๐ฐ ๐ด๐ฐ๐ด๐ต๐ฆ๐ฏ๐ฆ๐ฏ๐ฅ๐ฐ ๐ญโ๐ฆ๐ด๐ข๐ฎ๐ฆ ๐ฅ๐ช ๐ฎ๐ข๐ต๐ถ๐ณ๐ช๐ต๐ขฬ
Qualcuno ricorderร una foto delle rovine di Gaza da cui una ragazzetta raccoglieva dei libri di testo. Erano le macerie della sua casa, o della sua scuola, e lei aveva uno zaino colorato, e sorrideva. Il sorriso era la cosa peggiore e piรน bella assieme della foto.
Peggio delle macerie: perchรฉ dentro un libro di scuola per un ragazzo cโรจ il futuro, dentro un libro di scuola per una giovane donna cโรจ lโemancipazione. Piรน che sconvolta, piรน che distrutta, la ragazza era felice di ritrovare le pagine. Le pagine sono una promessa, se studio: cresco.
Era lโinizio dei bombardamenti di Israele su Gaza, i palestinesi erano stati stipati a Rafah e un giovane insegnante, molto attivo su Twitter, che giorno dopo giorno doveva issare nuove tende per i suoi figli, un giorno postรฒ una foto vecchia con i suoi allievi.
Una foto fatta come si fanno i selfie, come li hanno fatti i nostri figli assieme ai professori durante il viaggio di istruzione, o nellโultimo giorno di scuola prima della Maturitร . Il prof che regge il telefono รจ in primo piano e dietro ci sono i ragazzi, i banchi, le mappe alle pareti. La postava da lรฌ, da quella tenda, perchรฉ aveva โ credo โ bisogno di sentirsi vivo, di ricordare chi era, di sorridere assieme ai suoi allievi, perchรฉ chi sceglie di insegnare รจ lโaltra parte di quella stessa promessa.
Devโessere per questo che la notizia piรน bella di ieri viene da Gaza, cioรจ da quelle stesse macerie e da quella stessa polvere in mezzo a cui i cecchini dellโesercito israeliano hanno ucciso trentasei persone in fila in attesa di cibo. Ecco, qualche chilometro piรน in lร , una tenda piรน in lร , nellโultimo bar, dietro lโultimo muro rimasto in piedi oggi millecinquecento ragazzi palestinesi di Gaza stanno sostenendo lโesame di maturitร .
ยซE se mi dimentico tutto?ยป mi ha chiesto mio figlio il 18 giugno, la sera prima della prova di Italiano.
E se la connessione regge, e se non bombardano, e se mi ricordo e se non so rispondere e se ho perduto il libro tra le macerie.
Le domande che hanno fatto i nostri figli si mescolano a certe domande che nessun figlio dovrebbe farsi mai. Possiamo dire che non li conosciamo, quei millecinquecento? No: non possiamo dirlo perchรฉ siamo stati noi, trentโanni fa, perchรฉ sono stati i nostri figli, due settimane fa.
Cosรฌ: li conosciamo. Li vediamo intenti e concentrati, seri, impegnati, tesi in quellโultimo esame che si chiede ai ragazzi. Li vediamo, no? Che tracce escono, come si risolve questo problema, come si elabora il testo, quanto ho scritto, quanto tempo resta.
Un tempo sacro: il tempo della ragione. Quel tempo dedicato alla conoscenza che รจ il piรน pulito di tutti, quel tempo di cui lโEuropa non sa piรน farsi garante presso nessuno. Il tempo che ciascuno di noi difende, quello dentro cui si cresce, per cui vanno rimossi gli ostacoli, quel momento unico tra noi e il rigo bianco da scrivere o da compilare, la x da mettere nella casella giusta affinchรฉ racconti che abbiamo studiato, cioรจ che siamo stati vivi e vogliamo vivere ancora, vogliamo andare.
Lโesame, il voto, il risultato, la pagella.
Se si potesse solo vegliare su quella connessione, zittire le bombe, aspettarli alla fine, chiedere a ciascuno: ยซAmore, come รจ andata?ยป
Se potessimo mantenere la promessa.
Fonte: Il manifesto 20.07.2025

0 commenti