Lug 20, 2025 | Articoli

LA PROMESSA CHE RESISTE TRA LE MACERIE

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Qualcuno ricorderร  una foto delle rovine di Gaza da cui una ragazzetta raccoglieva dei libri di testo. Erano le macerie della sua casa, o della sua scuola, e lei aveva uno zaino colorato, e sorrideva. Il sorriso era la cosa peggiore e piรน bella assieme della foto.

Peggio delle macerie: perchรฉ dentro un libro di scuola per un ragazzo cโ€™รจ il futuro, dentro un libro di scuola per una giovane donna cโ€™รจ lโ€™emancipazione. Piรน che sconvolta, piรน che distrutta, la ragazza era felice di ritrovare le pagine. Le pagine sono una promessa, se studio: cresco.

Era lโ€™inizio dei bombardamenti di Israele su Gaza, i palestinesi erano stati stipati a Rafah e un giovane insegnante, molto attivo su Twitter, che giorno dopo giorno doveva issare nuove tende per i suoi figli, un giorno postรฒ una foto vecchia con i suoi allievi.

Una foto fatta come si fanno i selfie, come li hanno fatti i nostri figli assieme ai professori durante il viaggio di istruzione, o nellโ€™ultimo giorno di scuola prima della Maturitร . Il prof che regge il telefono รจ in primo piano e dietro ci sono i ragazzi, i banchi, le mappe alle pareti. La postava da lรฌ, da quella tenda, perchรฉ aveva โ€“ credo โ€“ bisogno di sentirsi vivo, di ricordare chi era, di sorridere assieme ai suoi allievi, perchรฉ chi sceglie di insegnare รจ lโ€™altra parte di quella stessa promessa.

Devโ€™essere per questo che la notizia piรน bella di ieri viene da Gaza, cioรจ da quelle stesse macerie e da quella stessa polvere in mezzo a cui i cecchini dellโ€™esercito israeliano hanno ucciso trentasei persone in fila in attesa di cibo. Ecco, qualche chilometro piรน in lร , una tenda piรน in lร , nellโ€™ultimo bar, dietro lโ€™ultimo muro rimasto in piedi oggi millecinquecento ragazzi palestinesi di Gaza stanno sostenendo lโ€™esame di maturitร .

ยซE se mi dimentico tutto?ยป mi ha chiesto mio figlio il 18 giugno, la sera prima della prova di Italiano.

E se la connessione regge, e se non bombardano, e se mi ricordo e se non so rispondere e se ho perduto il libro tra le macerie.

Le domande che hanno fatto i nostri figli si mescolano a certe domande che nessun figlio dovrebbe farsi mai. Possiamo dire che non li conosciamo, quei millecinquecento? No: non possiamo dirlo perchรฉ siamo stati noi, trentโ€™anni fa, perchรฉ sono stati i nostri figli, due settimane fa.

Cosรฌ: li conosciamo. Li vediamo intenti e concentrati, seri, impegnati, tesi in quellโ€™ultimo esame che si chiede ai ragazzi. Li vediamo, no? Che tracce escono, come si risolve questo problema, come si elabora il testo, quanto ho scritto, quanto tempo resta.

Un tempo sacro: il tempo della ragione. Quel tempo dedicato alla conoscenza che รจ il piรน pulito di tutti, quel tempo di cui lโ€™Europa non sa piรน farsi garante presso nessuno. Il tempo che ciascuno di noi difende, quello dentro cui si cresce, per cui vanno rimossi gli ostacoli, quel momento unico tra noi e il rigo bianco da scrivere o da compilare, la x da mettere nella casella giusta affinchรฉ racconti che abbiamo studiato, cioรจ che siamo stati vivi e vogliamo vivere ancora, vogliamo andare.

Lโ€™esame, il voto, il risultato, la pagella.

Se si potesse solo vegliare su quella connessione, zittire le bombe, aspettarli alla fine, chiedere a ciascuno: ยซAmore, come รจ andata?ยป

Se potessimo mantenere la promessa.

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