Di Roberto D’Agostino

Il disastro dell’Europa è così conclamato che è difficile decidere da che parte cominciare per descriverlo.
Da quando Caracciolo la definiva l’Europa, trattandola come sigla e non come entità, e da quando nelle analisi in cui si evidenziava come la guerra ucraina fosse sì una guerra della NATO contro la Russia, ma che avesse come immediato obiettivo la separazione Europa/ Russia e l’attacco all’economia europea tentando enormi trasferimenti sia finanziari che produttivi sull’altra sponda dell’Atlantico, le cose sono rapidamente peggiorate.
Non smetterò di sottolineare come il passaggio attraverso il genocidio di Gaza voluto insieme da americani (Biden/Trump) e israeliani (Governo e Knesset), sia stato un passaggio fondamentale.
Diritto internazionale e diritto umanitario, due valori da sempre irrisi da parte degli Stati Uniti in favore del diritto del più forte, sono stati definitivamente cancellati anche nel campo europeo, che dunque si è trovato nudo, privo di valori di riferimento, con la sua traballante struttura istituzionale, a dovere accettare qualsiasi imposizione che venisse, appunto, dal più forte.
Come spiega con estrema lucidità Revelli, c’è qualcosa di peggio e più profondo. Nella descrizione delle biografie professionali dei principali decisori europei mostra come l’Europa non sia semplicemente in mano a degli inetti eletti da una quota minoritaria e largamente manipolabile di popolazione, ma come la democrazia sia ormai “un gioco truccato in cui le vittime della grande spoliazione sono chiamate a scegliere non i rappresentanti propri ma di coloro che li depredano”. Mi si perdonino le antiche eco, ma la trasformazione dei governi che insieme controllano l’Europa in comitati d’affari del grande capitale non potrebbe essere più compiuto.
E oggi gli affari si fanno con la guerra. Ancora Revelli: i mille miliardi di euro di gettito fiscale sottratti ogni anno ai servizi ai cittadini europei … e convogliati nelle disponibilità dei grandi fondi d’investimento internazionali e nel mercato borsistico all’interno del quale le società produttrici di armi e il loro immenso indotto saranno sempre più centrali” sposterà verso l’alto per almeno una decina di anni il tetto della bolla, che sembrava giunta al limite, del capitale finanziario. “Gli undici trilioni di dollari amministrati da Black Rock, i 9 di Vanguard, i quasi 4 di Morgan Stanley, i quasi 3 di Goldman Sachs potranno dilatarsi ancora un bel po’”.
La analisi su questo stato di cose, che ormai si estendono approfonditamente anche all’evoluzione storica su come esso si sia determinato, abbondano ed è sufficiente attingervi per avere un quadro chiaro della situazione.
Non si intravvedono vie d’uscita percorribili. Le titubanze, l’incapacità di pronunciare parole forti e definitive, la paura di trovarsi isolati dal buon senso comune, l’astensione come massima protesta, che coinvolge addirittura forze politiche come AVS, o la Linke, o France Insoumise, che dovrebbero rappresentare almeno la scintilla alternativa allo stato di cose esistenti, sono il segno di questo buio orizzonte.
Dire con chiarezza che la Russia non è il nemico, che l’Europa va dall’Atlantico agli Urali, che il dominio USA e NATO costituiscono la rovina dell’Europa, che l’Europa deve ripensare a sé stessa come portatrice di un soft power che ristabilisca la gerarchia e l’universalità dei valori, che i cittadini europei vogliono entrare a far parte della maggioranza del mondo che sta velocemente emancipandosi e non restare attaccati a poteri imperiali e coloniali in via di disfacimento, che tutto ciò è possibile a partire non da una architettura europea che, sotto la spinta dei Paesi dell’est e del nord, ha convertito il sogno europeo in un incubo militaresco, ma da quelle forze, oggi minoritarie, e da quei Paesi, soprattutto mediterranei, che respingono le pulsioni puritane foriere di suprematismo occidentale, dire tutto questo e altro ancora che generi scandalo e con ciò smuova le coscienze dei più è il compito che dovrebbero assumersi quel mondo di sinistra che esiste nei fatti, ma che non ha capacità di espressione.
In questo sito un intervento ci suggerisce di buscar el levante por el levante, un altro di rovesciare il tavolo: due suggerimenti che cercano di tradurre l’analisi in politica.
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