Di Roberto D’Agostino

Netanyahu e i suoi soci non hanno nessuna intenzione di interrompere le scorrerie militari
che stanno facendo, per molti motivi.
Il principale è senza dubbio la volontà di proseguire il disegno storico dei governi sionisti
definito compiutamente da Netanyahu, dal suo partito e dai suoi alleati
nazifondamentalisti, vale a dire la realizzazione di una grande Israele secondo i confini
biblici, “dal fiume al mare”, senza la presenza di palestinesi, espulsi o soppressi, o con
una loro presenza in ghetti senza diritti.
Vi è poi la necessità di Netanyahu di salvarsi dai processi che lo vedono indagato e che lo
vedrebbero probabilmente condannato qualora l’emergenza bellica terminasse.
Ma c’è un altro motivo, che riguarda tutta la classe di governo israeliana e che non viene
inspiegabilmente sottolineato: a guerre finite la vicenda del sette ottobre (avvenuta dopo
che dall’inizio dell’anno oltre duecento palestinesi erano stati uccisi) dovrà uscire dall’uso
propagandistico che ne viene fatto e diventare oggetto di una indagine, anche
internazionale, che ne rivelerà la vera natura. A quel punto emergerà che i governanti di
Israele erano perfettamente al corrente da tempo di quanto stava accadendo e hanno
lasciato che accadesse per avere la giustificazione per procedere alla soluzione finale
della questione palestinese.
Quando questo verrà comprovato le responsabilità di quanto accaduto ricadranno in
pieno su chi governava Israele in quel momento, e le conseguenze saranno devastanti.
A dire la verità sappiamo già tutto. Oltre al fatto facilmente intuibile che è impensabile che
il Mossad, capace di manipolare tutti i telefoni di Hezbollah, o di individuare e uccidere
tutti gli scienziati atomici iraniani, e che utilizza l’industria della sorveglianza più avanzata
a livello globale, non sapesse quanto alcune migliaia di palestinesi stavano preparando da
circa due anni a Gaza.
Ma non c’è bisogno di intuizioni, è sufficiente legare tra loro fatti e dichiarazioni: il
NYTimes in un articolo del 30 novembre 2023 rivela che i responsabili israeliani erano
entrati in possesso di un documento di 40 pagine che esplicitava punto per punto il piano
del 7 ottobre; l’Egitto aveva avvertito gli israeliani di quanto stava per accadere; le
soldatesse di guardia alla recinzione di Gaza avevano mandato rapporti su esercitazioni e
lavori di scavo che i palestinesi stavano facendo lungo la recinzione; nonostante questi
segnali i militari hanno approvato lo svolgimento del Festival a ridosso del confine di
Gaza; lungo il confine c’erano circa quattrocento soldati di guardia mentre in Cisgiordania
c’erano 21 battaglioni per difendere gli insediamenti; l’IDF è intervenuto due ore dopo
l’assalto di Hamas; durante il conflitto, che ha fatto circa 1200 morti, un grande numero è
rimasto vittima del fuoco dei carri armati e degli elicotteri israeliani, come dimostrano la
distruzione delle abitazioni ridotte in macerie e l’enorme quantità di auto carbonizzate;
infine, la decisione di rinviare ogni indagine sull’accaduto alla fase post bellica.
Dunque gli eventi del sette ottobre sono stati realizzati da Hamas insieme a tutte le fazioni
della resistenza palestinese nella striscia – Jihad islamica Palestinese e le due formazioni
laiche di orientamento marxista, il Fronte popolare per la liberazione della Palestina e il
Fronte democratico per la liberazione della Palestina – e sono stati consentiti dal governo
Natanyahu.
Le responsabilità verranno fuori anche formalmente e inchioderanno i governanti
israeliani.
A quel punto forse anche il mainstream mediatico e i governi complici dell’occidente
dovranno fare trasparire alcune verità e abbandonare i refrain che imperversano nel
linguaggio dominante anche nel campo di sinistra.
Israele ha diritto di difendersi: se avesse voluto difendersi non avrebbe permesso l’azione
del 7 ottobre.
La guerra di Gaza, uno degli slogan più vergognosi ripetuti senza arrossire in tutti i
dibattiti e notiziari televisivi: a Gaza non c’è una guerra, c’è uno dei più armati eserciti del
mondo che massacra una popolazione civile chiusa in una gabbia da cui non può fuggire.
Non la guerra, ma la mattanza di Gaza, condotta con le armi che tutto l’occidente
complice fornisce.
I terroristi di Hamas: Hamas (Movimento di Resistenza Islamica) “è un’organizzazione
islamica nazionalista ed è parte della società politica palestinese” (Adam Shatz).
Governa la striscia di Gaza dopo regolari elezioni, è un movimento di resistenza e di
liberazione nazionale che come tutti i movimenti analoghi nella storia, utilizza anche
metodi terroristici.
Stato terrorista è stato definito Cuba, banditi erano i partigiani italiani, terrorista era
Arafat e l’OLP, terrorista era Begin, terrorista era il Fronte di Liberazione Nazionale
Algerino e così via, non è più terrorista Al Jolani dopo essersi accordato con gli USA.
Hamas può non piacerci per come governa Gaza e per la sua natura fondamentalista, ma
è largamente riconosciuto dai palestinesi e oggi vincerebbe le elezioni anche in
Cisgiordania se fossero permesse.
Riconoscere le responsabilità, liberare il linguaggio.
Foto focsiv.it

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